Curatrice: Chiara Pietropaoli
Artista: Fintan Magee
Esibizione dal 29 Aprile al3 Giugno 2016

C: Per la mostra hai scelto di raccontare un momento preciso della tua vita, il periodo tra gli 8 e 16 anni. Ci racconti il perché di questa scelta e le esperienze vissute in questo arco di tempo che vuoi portare in mostra? 

A: Credo sia una fase importante di sviluppo e quello in cui apprendiamo di più; sembra anche che sia il periodo di cui proviamo maggiore nostalgia.

C: Nelle tue opere sono spesso presenti bambini e spesso scegli di raccontare delle “storie” dal loro punto di vista, anche in questa mostra. Ci racconti il perché di questa scelta rappresentativa?

A: Sono sempre stato interessato al pop-surrealismo e agli artisti Low Brow. Credo di voler usare immagini prese dai libri per bambini e dal muralismo come una sorta di ponte tra l’arte “bassa” e quella “alta”. Voglio sfidare la convinzione che le immagini dei libri per bambini e le narrazioni non abbiamo spazio nel mondo delle gallerie d’arte.

The Backwaters, stories from endless Suburbia - Fintan Magee solo-show

C: I temi della multiculturalità, della migrazione e del razzismo saranno centrali nella mostra. Avendone tu avuto esperienza diretta, qual’è la tua visione e quale era da bambino, rispetto a queste tematiche e in relazione alle tue esperienze personali? Ci racconti il contesto in cui sei cresciuto, la “cultural backwater’” e cos’è cambiato ad oggi? 

A: Sono cresciuto nel sobborgo più a ovest di Brisbane. E’ stato un luogo interessante in cui crescere; era un quartiere colmo di differenze, sia razziali che economiche. La maggior parte dei bambini proveniva da famiglie della classe media, ma ce ne erano altri che vivevano decisamente sotto la soglia della povertà, altri invece provenivano da famiglie operaie o erano figli di madri single, etc…Anche a livello demografico esistevano numerose differenze; c’erano famiglie greche e italiane, un gran numero di rifugiati vietnamiti e africani. C’erano anche bambini Aborigeni, Maori, Filippini, Indiani, Coreani e pakistani nel nostro giro di amici. In questo modo sono cresciuto imparando moltissimo riguardo il rispetto e l’empatia verso ogni altra cultura.
“Backwater” è un termine che usiamo in Australia per descrivere un’area senza cultura. La maggior parte degli australiani si riferisce a Brisbane come a un “Backwater”; è un’etichetta che è stata affibbiata alla mia città soprattutto dagli abitanti di Sidney e Melbourne, giudicandola un luogo non civilizzato, poco sofisticato e non acculturato.
Molte persone della città da cui provengo vengono definiti “bogans”, bifolchi.
E’ stato un’etichetta con la quale sia la classe operaia che quella media di Brisbane ha dovuto imparare a convivere.
Credo che il sobborgo ovest sia cambiato negli ultimi anni grazie alla crescente gentrificazione degli ultimi 10 anni, che a spinto le famiglie meno abbienti a spostarsi in zone più economiche lontano dal centro della città.

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C: Le tue radici rispetto al tuo paese sembrano essere solide, spesso tratti tematiche legate ad esso. Che rapporto hai con Brisbane e più in generale con il tuo paese?

A: Ho sempre ammirato il modo il cui gli street artist Latino-Americani abbiamo abbracciato o addirittura si siano appropriati della cultura e dei problemi propri della loro identità e politica nazionale. Credo semplicemente di aver voluto fare qualcosa di simile e l’unico contento che conosco così bene è quello da cui provengo. C’è sempre stata una spinta culturale per gli australiani bianchi e per alcuni artisti a cercare influenze, ispirazione e identità in altri paesi, come l’Inghilterra o gli Stati Uniti, e credo che questo bisogno debba essere messo in discussione più spesso.

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C: In mostra avrà un ruolo importante l’installazione del bambino che cade dalla bicicletta. La caduta dalla bicicletta rappresenta un’esperienza collettiva che ci accomuna, quasi un rito iniziatico per cui tutti i bambini passano. Di cosa è metafora questa opera? 

A: Penso che sia un simbolo universale per rappresentare l’esperienza dell’apprendimento durante l’infanzia, un’esperienza che abbiamo vissuto tutti. L’hai descritta perfettamente nella tua domanda.

C: Nelle tue opere spesso parti da un’esperienza personale per lanciare un messaggio universale. Cosa vuoi comunicare alle persone che entreranno in galleria?

A: Ognuno ha una storia che merita di essere raccontata. Bisogna essere tolleranti e comprensivi verso gli altri.

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