Curatori: Marta Gargiulo, Massimo Scrocca
Artista: Run (Giacomo Bufarini)
Esibizione dal 4 Giugno al 16 Luglio 2015

Curatori: Volevo iniziare questa intervista indagando sul tuo percorso outdoor, chiedendoti quali sono i primi luoghi che hanno ospitato la tua arte murale e con quale stile hai iniziato a dipingere.

Artista: All’inizio si facevano queste cose, tra posti abbandonati e posti occupati. Per quanto riguarda la tecnica diciamo che nell’esecuzione di un mio disegno parietale ho tempi diversi da quelli che si impiegano di solito per realizzare un graffito con lo spray. Per me la bomboletta era un limite espressivo, una specie di costrizione, mentre l’uso di altre vernici era molto più rappresentativo della cultura popolare; poi all’inizio di questa storia le vernici erano facilmente reperibili a differenza dello spray.

Run - The man with the tale

Curatori: Perché rullo e pennello?

Artista: Ho deciso di prendere le distanze dalle convezioni di quel periodo storico e, da autodidatta, ho intrapreso un percorso pittorico più intimo e personale. Così ho portato per strada i miei disegni, a volte con la paura dell’impatto che avrebbero avuto sulle persone, ma sentendomi sempre libero di esprimermi come volevo e di rappresentare quello che sentivo, senza imposizioni né impostazioni accademiche. Il mio lavoro è così profondamente primitivo che certe volte mi chiedo chi altri, oltre a me, farebbe queste cose.

Curatori: I soggetti che denunci come distanti dalle convezioni comunicano una profonda spiritualità; hanno proprio bisogno dei caratteri che gli attribuisci?

Artista: Sono arrivato a disegnare seguendo un flusso e oggi mi trovo con un linguaggio esclusivamente mio. Ho sempre cercato una dialettica parallela a quella verbale, così da potermi esprimere con il mio lavoro.

Curatori: Come ci si sente a essere un artista in questo momento storico?

Artista: Oggi che non c’è lavoro, vivere con l’arte ha un senso politico in sé; c’è una profonda crisi e per me mantenermi con questo, viaggiare ed esser libero di stare con la mia famiglia è un fatto abbastanza politico. Fino a pochi anni fa non pronunciavo la parola artista, e a chi mi chiedeva che lavoro facevo rispondevo sempre l’illustratore; che poi non è una bugia, ma a dire il vero mi sentivo un po’ in imbarazzo a qualificarmi come artista, mi sembrava quasi presuntuoso.

Curatori: Dipingere sul muro ti porta a produrre sotto gli occhi di tutti. Da quando ti sei trasferito a Londra è cambiato qualcosa nella tua modalità?

Artista: Tutti ti vedono mentre lavori e il tuo lavoro potrebbe restare lì per tutto il tempo che il palazzo resta in piedi. A Londra ho iniziato a disegnare in un modo diverso, soprattutto perché ho iniziato a lasciare opere per strada quasi regolarmente. È accaduto dopo aver riflettuto sul fatto che io vengo da un paesino dove sono conosciuto, mentre Londra è una metropoli dove sei invisibile: non sei nessuno, nessuno ti riconosce.

Run - The man with the tale

Curatori: Un aneddoto su un tuo intervento in strada?

Artista: Due poliziotti si fermano mentre dipingevamo un muro per strada e chiedono: “State facendo graffiti?”. Noi rispondiamo: “No, Street Art”, e loro andandosene rispondono: “Ah, ok!”.

Curatori: Che parti del mondo hai visto grazie a questo lavoro?

Artista: Mai abbastanza. Nel 2009 è uscito Mural Art Book, un testo che è stato acquistato da due architetti cinesi a Roma, i quali, tornati a Shenzhen, hanno deciso di fare una mostra di muralisti in un museo che era stato appena costruito. In quell’occasione ho conosciuto tantissimi artisti provenienti da Boston, Sud Africa, Irlanda del Nord, Grecia e da molte altre parti del mondo. È stato uno scambio bellissimo. Viaggiare dipingendo dà la sensazione di essere dentro una situazione; non ti senti mai turista. Ho sempre esplorato il mondo per dipingere, mi aiuta a non sentirmi estraneo, ho bisogno di non rimanere in superficie. Se vivi in un posto da turista, non percepisci veramente gli usi degli abitanti; a me invece piace partecipare alle abitudini quotidiane delle persone che vivono nelle località dove vengo ospitato. Sono tornato in Cina anche nel 2011 e in questi anni l’Europa l’ho girata molto, dipingendo.

Curatori: Quando hai deciso di autoprodurre i tuoi i viaggi?

Artista: Nel 2013 ho deciso di autoprodurre il mio viaggio in Africa, dove ho visitato il Gambia e il Senegal. Mi sono costruito un itinerario, contattando persone locali per farmi dare posti dove disegnare; ho vissuto appoggiato dalla gente locale che mi ha aiutato a dipingere su case dei villaggi e in città. Sono stato accolto in modo bellissimo. Quando un giorno stavo dipingendo in un villaggio, una donna con un bambino in braccio mi ha ringraziato per aver disegnato sulla sua casa, ma ha aggiunto: “Bravo, ma la prossima volta portaci un sacco di riso che i miei bambini hanno fame”.

Curatori: Che emozione ti dà realizzare un muro?

Artista: Un muro è come una bestia, può darti la sensazione di caderti addosso se non fai la cosa giusta; è qualcosa che resta e per un certo periodo cambia il paesaggio, entra a far parte del quotidiano della vita delle persone, quindi è un elemento importante. Per ogni muro dipinto è necessaria la consapevolezza di tutti i disegni fatti nell’arco di una vita.

Curatori: Perché hai deciso solo da poco di usare il tuo vero nome?

Artista: Perché RUN non sono io.