Curatrice: Chiara Pietropaoli
Artista: Gomez
Esibizione dal 17 Giugno al 14 Luglio 2017

Curatrice: Il tuo approccio allo spazio urbano è avvenuto con i graffiti. Negli ultimi anni ti sei avvicinato alla pittura figurativa e hai partecipato a diversi progetti di Arte Pubblica, portando i tuoi lavori su grandi superfici murali. Due mondi e linguaggi per molti versi differenti, a tratti in conflitto.Come nasce il tuo interesse per la pittura? Nel tuo percorso personale identifichi l’Arte Pubblica come un’evoluzione del cammino iniziato con i graffiti o intendi i due fenomeni culturali come vie parallele da percorrere?

Artista: Ho iniziato coi graffiti perché era un bel modo di passare le mie serate quando ero ragazzino tra birre, binari, grandi progetti mai realizzati e qualche scazzottata. Lo vivevo come un modo di dire, beh mi fa tutto schifo, non mi ritrovavo nelle mode né nella politica e allora fanculo tutto, vado a scrivere dove non è permesso, vado a scoprire posti che la maggior parte della gente non vedrà mai e passo le mie giornate credendo di vivere fuori da un sistema che non mi piace. Inconsapevolmente però quella è diventata la mia scuola d’arte.
Molti anni dopo ho iniziato a sviluppare un interesse per la pittura figurativa, anche per accontentare mia nonna di 93 anni che si lamentava di non capire mai che cosa rappresentassero i miei disegni; ho fatto i primi tentativi su tela e poi ho provato a riportare quel linguaggio su muro perché volevo tornare a dipingere in strada. Il risultato è piaciuto a me e fortunatamente anche a persone che mi hanno aiutato a portare avanti l’esperimento.
Oggi dipingo facce e corpi su muro o su tela e, quando il fisico mi assiste, scrivo lettere dove mi va di farlo, preferibilmente dove crei il maggior fastidio possibile. Non so dire quale sia la cosa che mi piaccia di più; non mi interessa definirmi artista o street artist o writer, sono una persona a cui piace dipingere che dipinge quello che vuole nel momento e col linguaggio in cui sente di farlo. Le sensazioni e i risultati di questi percorsi sono così differenti che per me convivono senza problemi e mi piace la confusione che si crea nella mente di chi prova a mettermi qualche etichetta, almeno in questo non ho limiti.

Gomez Nox Omnibus Lucet Opening

Curatrice: Molti progetti odierni di Arte Pubblica nascono con la volontà di “riqualificare” delle aree della città, nello specifico delle superfici murali, per cui vengono scelti degli artisti ad intervenire su di esse, attraverso la realizzazione di murales. Credi che l’arte debba/possa avere una funzione? Senti una responsabilità nel fare arte?

Artista: C’è un mio amico, uno di quelli bravi, che mi ha insegnato la differenza tra il Pane e le Rose; io in quanto pittore mi occupo di portare le Rose e questo cerco di farlo al meglio delle mie possibilità, dipingendo storie di gente comune che fa parte del mondo in cui vivo. Sono contento se riesco a trasmettere qualche emozione a queste stesse persone e penso che un’opera possa avere una certa influenza sulla coscienza di chi ha voglia e tempo di approfondirla. Il Pane, ovvero la riqualificazione pratica delle zone, soprattutto quelle più difficili, passa attraverso altre opere, ma di quelle io non ho le competenze adeguate per occuparmi.

Gomez Nox Omnibus Lucet Opening


Curatrice: Mito e realtà si alternano nelle tue opere, costruite tra passato e presente (e futuro?) Qual è il fulcro della tua poetica?

Artista :L’essere umano è sempre al centro della mia ricerca e come lui i miei dipinti alternano momenti di introspezione inquieta a circostanze più leggere. Spesso rivolgo la mia attenzione verso gli emarginati, i solitari, i clandestini, gli sconfitti e quelli che vengono considerati sbagliati dal sistema in cui viviamo. Probabilmente perché mi sono trovato spesso tra loro, sono stato e sono uno di loro e mi è sempre stata sulle palle la gente che pensa sia così facile definire giusto e sbagliato. E anche se in passato le cose a volte mi sono un po’ sfuggite di mano, ora che sono più calmo mi accorgo che essere uno degli sbagliati è stupendo.

Curatrice: I tuoi lavori sembrano trarre ispirazione dalla pittura barocca. Cosa ti affascina di questo periodo storico? Ci sono altri movimenti artistici o autori che hanno un ruolo significativo all’interno della tua ricerca?

Artista: Io vengo da una famiglia cattolica e fin quando ho iniziato a formulare da solo i miei pensieri riguardo la religione andavo a messa nelle più belle chiese di Roma e una delle più frequentate: San Luigi dei Francesi. Ricordo che non riuscivo a capire come fosse possibile che quelle immagini che vedevo sui muri fossero disegnate; il concetto di dipingere lo avrei appreso molto più tardi, e probabilmente il ricordo dell’emozione che quelle opere mi suscitavano si era aggrappato saldamente alla mia coscienza artistica addormentata. Ora che si sta risvegliando vado spontaneamente in quella direzione, vecchia e ostinatamente contraria alla marea di produzioni recenti che nascondono dietro ai concetti d’artista l’imbarazzante vuoto di tecnica, dedizione e pensiero.
Oltre il barocco mi piace il simbolismo dei preraffaelliti, Bouguereau e Waterhouse su tutti, e lo stile impeccabile con cui realizzavano le loro opere. Di contemporaneo sono vittima del talento senza limiti di Roberto Ferri.

Gomez Nox Omnibus Lucet Opening

Curatrice: “Nox Omnibus Lucet” è il titolo della tua prima mostra personale, in corso alla Galleria Varsi. I dipinti che hai realizzato per l’esposizione ruotano intorno al tuo vissuto e in particolare al tema della notte, a te caro. Ci racconti cosa rappresenta per te la notte?

Artista: La notte è da sempre mia amica, è stata cornice delle mie storie piene di gente ed è stata riparo quando dalla stessa gente avevo bisogno di fuggire. Di notte ho imparato a dipingere, di notte ho imparato ad amare e di notte ho conosciuto la rabbia che non ti lascia dormire, ho camminato con freaks, tossici, delinquenti, vergini e puttane, di notte mi sono ricoperto di rumore e mi sono scoperto al silenzio. Tutti questi episodi sono spunto per le mie opere e non potevo che dedicare la mia prima mostra personale alla notte che ne è sempre stata protagonista.

Curatrice: Per la mostra hai realizzato diversi nudi e ritratti, concentrandoti sul linguaggio del corpo che diviene la possibile voce dell’anima.Cosa svelano questi corpi? Quali sono i sentimenti che incarnano questi volti?

Artista: Le opere sono chiaramente comprensibili e allo stesso tempo ingannevoli, usando l’estrema bellezza estetica dei corpi ritratti ho nascosto dietro alle rose le spine di chi lotta per liberarsi dalla sofferenza, le ferite da guarire e le paure con cui imparare a convivere, c’è un inferno e c’è la libertà, c’è una carne che seduce, ma non nel modo scontato del tutto e subito. Ci sono queste cose e non c’è nessuna di queste cose, c’è l’onda della mia lieve schizofrenia e c’è la vena che ho tagliato perché chiunque possa dare uno sguardo dentro di me. Ma adesso è tardi, ho sonno e non riesco a spiegare più niente.